Il potere spirituale dell’Ave Maria e… quelle parole di Padre Pio

Siamo nei Tempi di Maria, come a ripetute riprese ci siamo detti e quindi in un tempo particolarmente propizio per rendere onore alla nostra Madre celeste con la recita di tante Ave Maria e ottenerne il potentissimo patrocinio. Pioggia che bagna la terra arida, rugiada divina, freccia penetrante e infuocata: sono molte le metafore che i santi hanno adoperato per esprimere la grandezza della salutatio angelica. E molti gli insegnamenti e le devozioni che ci hanno trasmesso per esortarci a recitarla. Del resto, quale buon figlio non gioisce nel salutare la propria mamma e nel far sì che tutti la amino? E ciò non dovrebbe essere tanto più vero per Colei che ci ha donato il Salvatore del mondo e che tanto ha sofferto – con Lui e al servizio di Lui – per strapparci dal potere delle tenebre?

Il grande restauratore della devozione del Santo Rosario, il beato Alano della Rupe, esprimeva così alcuni dei mirabili effetti prodotti dal recitare devotamente il saluto angelico: «Il cielo è nell’esultanza, la terra nell’ammirazione ogni volta che io dico: Ave Maria; ho in orrore il mondo, l’amore di Dio regna nel mio cuore quando io dico: Ave Maria; i miei timori svaniscono, le mie passioni si spengono quando dico: Ave Maria; cresco nella devozione, trovo la compunzione quando dico: Ave Maria; si conferma la mia speranza, la mia consolazione aumenta quando dico: Ave Maria; si allieta il mio spirito, scompare la mia tristezza quando dico: Ave Maria». Lo stesso domenicano bretone si sentì rivelare dalla Santa Vergine che LA NEGLIGENZA E ADDIRITTURA L’AVVERSIONE VERSO L’AVE MARIA SONO SEGNO PROBABILE DI DANNAZIONE ETERNA; AL CONTRARIO, COLORO CHE NE SONO DEVOTI HANNO UN GRANDISSIMO PEGNO DI PREDESTINAZIONE.

Perciò, san Luigi Maria Grignion di Montfort affermava che gli eretici «hanno in orrore l’Ave Maria. Imparano, magari, il Pater, ma l’Ave Maria no», mentre i fedeli amano naturalmente recitare sia l’una che l’altra preghiera, definite dal santo francese «le più eccellenti e più sublimi». Montfort denunciava quindi i pretesti che si usano per rigettare la recita del saluto angelico. E a motivo di svelare le illusioni del demonio che trema di fronte alla Donna preannunciata da Dio nella Genesi (Gn 3, 15), aggiungeva che «la mia Ave Maria, il mio Rosario o la mia corona è la mia preghiera preferita, è la mia pietra di paragone sicura per distinguere quelli che sono condotti dallo spirito di Dio da quelli che sono nell’illusione dello spirito maligno».

Uno dei pretesti più diffusi per rifiutare l’Ave Maria è che essa, nella sua forma integrale, non è presente nelle Sacre Scritture. Tutta la prima parte, com’è risaputo, la si rintraccia facilmente nel capitolo 1 del Vangelo di San Luca: si compone del saluto che l’arcangelo Gabriele, inviato dalla Santissima Trinità, rivolge a Maria (Lc 1, 28); e della doppia benedizione, verso Maria e verso Gesù, che santa Elisabetta, «piena di Spirito Santo» esclama a gran voce al sopraggiungere proprio della Madre del Signore (Lc 1, 40-43). La seconda parte dell’Ave, invece, è stata aggiunta dalla Chiesa, come ricorda anche il Catechismo di San Pio X. L’invocazione che contiene (Santa Maria, Madre di Dio…) è del tutto coerente con il contenuto delle stesse Scritture e insegnarla rientra certamente nella missione che Dio ha affidato alla Chiesa di ammaestrare tutte le genti e guidarle, con l’assistenza dello Spirito Santo, «alla verità tutta intera» (Gv 16, 13). Ma sorge, comunque, una curiosità: da quando si conosce la seconda parte dell’Ave Maria? Il Montfort ne fa risalire l’origine al Concilio di Efeso (431), quando i Padri conciliari condannarono l’eresia di Nestorio (che contrastava l’uso del titolo «Madre di Dio») e definirono solennemente il dogma della Divina Maternità di Maria: «Il Concilio stabilì che la Madonna venisse invocata sotto quel glorioso titolo con le parole: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”» (Il segreto ammirabile del Santo Rosario, 44). San Luigi Maria la riporta quindi come cosa certa. Sant’Antonio, insigne dottore della Chiesa e tra i più eletti figli di San Francesco d’Assisi, riferisce dell’abitudine dei predicatori di recitare un’Ave Maria all’inizio del discorso, per ottenere il favore divino.

La Santa Vergine in persona spiegò al beato Alano: «Come Dio scelse il saluto angelico per operare l’Incarnazione del suo Verbo e la Redenzione degli uomini, così coloro che desiderano riformare i costumi e rigenerare i popoli in Cristo Gesù mi devono onorare ed ossequiare con lo stesso saluto. Sono io la via scelta da Dio per venire agli uomini; perciò, dopo che a Gesù, a me devono essi ricorrere per avere la grazia e le virtù».

(Estratti e lieve rielaborazione da: https://lanuovabq.it/it/la-potenza-dellave-maria-nelle-parole-dei-santi

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Pochi cristiani, anche istruiti, conoscono il valore, il merito, l’eccellenza e la necessità (dell’Ave Maria). Per farne conoscere l’importanza, c’è voluto che la Vergine santa apparisse più volte a grandi santi molto illuminati, come san Domenico, san Giovanni da Capestrano, il beato Alano della Rupe. Essi composero libri interi sulle meraviglie di questa preghiera e sulla sua efficacia per convertire le anime. Proclamarono a gran voce e predicarono apertamente quanto segue:

– la salvezza del mondo è iniziata con l’Ave Maria, così anche la salvezza di ciascuno dipende da tale preghiera;

– questa preghiera fece produrre il frutto di vita alla terra arida e sterile, così, se recitata bene, essa farà germogliare anche in noi la Parola di Dio e il frutto di vita, Gesù Cristo;

– l’Ave Maria è una rugiada celeste che irrora la terra, cioè l’anima, perché dia frutto a suo tempo; chi non è irrorato dalla rugiada celeste di questa preghiera non porta frutti, ma solo triboli e spine e va incontro alla maledizione.

Ecco quanto la santa Vergine rivelò al beato Alano della Rupe, come è scritto nel suo libro De dignitate Rosarii e come è riferito poi da Cartagena: «Sappi, figlio mio, e portalo a conoscenza di tutti, che è indizio probabile e vicino di dannazione eterna il recitare con avversione, tiepidezza e negligenza il Saluto angelico, che ha riparato il mondo intero». Sono parole, queste, molto consolanti e terribili ad un tempo. Si stenterebbe a crederle se non ce lo garantissero per vere quel sant’uomo, san Domenico prima di lui e poi tante insigni personalità insieme all’esperienza di parecchi secoli. Si è sempre notato, infatti, che quanti portano il marchio della riprovazione, come tutti gli eretici, gli empi, gli orgogliosi e i mondani, odiano o disprezzano l’Ave Maria e la corona. Gli eretici imparano ancora e recitano il Padre nostro, ma non l’Ave Maria né la corona. Li considerano con orrore. Porterebbero addosso più volentieri un serpente che una corona. Anche gli orgogliosi, benché cattolici, avendo quasi le stesse inclinazioni del loro padre Lucifero, disprezzano l’Ave Maria o nutrono per essa soltanto indifferenza, e considerano la corona come devozione di donnicciole, buona unicamente per gli ignoranti e per coloro che non sanno leggere. L’esperienza, invece, insegna – l’abbiamo visto – che quelli e quelle che presentano grandi segni di predestinazione amano, gustano e recitano con piacere l’Ave Maria, e più sono uniti a Dio, più amano questa preghiera. È ciò che la Vergine santa diceva ancora al beato Alano, dopo le parole sopra riferite.

Non so come e perché questo avvenga, ma so che è vero. Non ho segreto migliore di questo per sapere se una persona è di Dio: osservo se ama recitare l’Ave Maria e la corona. Dico se ama recitare, perché può accadere che una persona si trovi nell’incapacità naturale o anche soprannaturale di recitarla, pur continuando ad amarla e farla amare dagli altri.

Anime predestinate, schiave di Gesù in Maria, sappiate che dopo il Padre nostro, l’Ave Maria è la preghiera più bella di tutte. E il complimento più perfetto che possiate rivolgere a Maria, complimento che l’Altissimo le fece rivolgere da un arcangelo per guadagnarsene il cuore. E riuscì così efficace sul suo cuore, per le segrete attrattive di cui è pieno, che Maria diede il consenso all’Incarnazione del Verbo, nonostante la sua profonda umiltà. Anche voi conquisterete sicuramente il suo cuore con questo stesso complimento recitato bene.

Secondo i santi, l’Ave Maria recitata bene, cioè con attenzione, devozione e modestia, è la nemica del demonio che mette in fuga, il martello che lo schiaccia, la santificazione dell’anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati, il cantico del Nuovo Testamento, il piacere di Maria e la gloria della SS. Trinità. L’Ave Maria è una rugiada celeste che rende feconda l’anima, un bacio casto e affettuoso che si dà a Maria, una rosa vermiglia che le si offre, una perla preziosa che le si dona, una coppa d’ambrosia e di nettare divino che le si porge. Tutti questi paragoni sono dei santi.

Vi prego dunque vivamente, per l’amore che vi porto in Gesù e in Maria, di non contentarvi di dire la Coroncina della santissima Vergine. Recitate anche la corona, e se ne avete il tempo, recitate il rosario intero tutti i giorni. Al momento della morte benedirete il giorno e l’ora in cui mi avrete creduto. E, dopo aver seminato nelle benedizioni di Gesù e di Maria, raccoglierete benedizioni eterne nel cielo: «Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà».

(San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santa Vergine Maria, nn. 249-254).

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