note introduttive Potrebbe sembrare che questa rubrica esuli dal fine proprio del nostro sito mariano ma, in realtà, non è così perché è dalle indicazioni stesse della Vergine Maria durante le sue apparizioni che si scopre l’importanza della riflessione e della meditazione sulla Sacra Scrittura a cui di frequente Ella si appella e di cui invita alla lettura sapienziale. Nei messaggi di San Nicolas Maria Immacolata spesso, al termine delle sue parole, invitava a leggere una pericope biblica da Lei indicata che avesse attinenza con il suo messaggio. Ad Anguera molto spesso presenta figure bibliche come modelli di fede da seguire ed invita a riscoprire i “tesori della Sacra Scrittura”. I messaggi di Maria sono sempre profondamente biblici, come biblici sono anche i segni che Lei lascia con il suo modo di apparire, con alcune devozioni particolari che richiede, con numerose circostanze (geografiche e temporali) legate al suo manifestarsi.Il teologo D. Foley, in un suo ottimo libro sulle apparizioni mariane, ha ravvisato in diverse apparizioni moderne un compimento delle figure antiche per cui ha potuto chiamare la Vergine Addolorata di La Salette nuovo Mosè quella di Fatima nuovo Elia, ecc. Da suor Lucia di Fatima poi scopriamo che il contenuto il significato del Terzo Segreto “è tutto nei Vangeli e nell’Apocalisse” e in particolare nei capitoli VIII e XIII. Vorrei allora offrire di tanto in tanto riflessioni bibliche, quelle in particolare che abbiano attinenza con i temi trattati nelle apparizioni e nei messaggi della Vergine Santissima e quelle che possono aiutarci meglio a capire il momento peculiare in cui ci troviamo. Per questo prendo come maestro il Servo di Dio don Dolindo Ruotolo. Non che il suo commentario alla Sacra Scrittura sia il solo affidabile ma penso personalmente che, a motivo della sua notevole santità, abbia raggiunto una penetrazione delle Scritture decisamente maggiore rispetto ad altri pur validi esegeti che tuttavia fanno valere di più il dato scientifico (che di per sé non è sbagliato ma non la ritengo la migliore via da battere) su quello mistico. I commenti di don Dolindo nutrono l’anima e guidano ad assaporare e penetrare i segreti di quella “Lettera d’amore” (come la definiva san Pio da Pietrelcina) scritta dallo Spirito Santo per la salvezza soprannaturale degli uomini. |
Riferimento: Genesi 4, 8-10
Come tutta risposta a Dio che lo ammoniva, Caino si decide a consumare il delitto che meditava ed al quale era spinto da satana; per questo il demonio è chiamato omicida fin dal principio (Gv 8, 44). È terribile la caduta di Caino! Invece di migliorarsi alle parole di Dio, si precipitò nell’abisso del male! Nello stesso modo tante anime, esortate al bene, alla purezza, ed alla calma, reagiscono, s’infangano e s’adirano di più quasi per dispetto. Non si può dire allora che l’ammonizione sia un male, perché è il peccatore che la rende vana e nociva per la propria malignità.
Caino invitò Abele ad uscire con lui alla campagna; ed il fratello, buono e docile, lo seguì; ma quando furono soli egli si levò contro di lui e con un ramo d’albero o con altra arma improvvisata lo uccise. Ecco l’innocente, steso a terra, immerso nel suo Sangue! Ecco il primo uomo ucciso sulla terra! Caino stesso non resistette a quella vista e fuggì dal luogo del suo delitto.
Abele è figura del Redentore, ucciso per invidia e per orgoglio dal suo popolo. Il fratello maggiore di età, il popolo ebreo, inferocito per le stesse opere buone del Redentore, lo condusse fuori di Gerusalemme e lo uccise, inchiodandolo alla croce. A somiglianza di Caino il popolo ebreo onorava Dio con le labbra e gli offriva sacrifici senza amore, perché ebbe invidia del Giusto per essenza, e levatosi contro di Lui nel tumulto della sedizione, lo fece condannare e l’uccise.
È evidente dal contesto che Caino, pur allontanandosi dal luogo del delitto, rimase indurito nel suo peccato. Egli non si nascose, come avevano fatto Adamo ed Eva, non si pentì, divenne spavaldo, e credé persino di poter occultare a Dio il proprio misfatto. Il Signore con infinita bontà lo interrogò per fargli confessare il peccato commesso, ma Caino rispose con una menzogna orgogliosa, dicendo che non sapeva dove fosse il fratello, e si mostrò persino annoiato della domanda di Dio, quasi fosse stata inutile ed importuna, esclamando: Sono forse io il custode di mio fratello? A queste parole tracotanti, Dio rispose ancora con paterna bontà, dicendogli in tono accorato per risvegliare quella coscienza indurita: Che cosa hai fatto? E per convincerlo di più a confessare il delitto, gli presentò, per così dire, la testimonianza che lo attestava e che gli rendeva impossibile il negarlo: La voce del Sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. Più volte il Signore insiste nel far riflettere a Caino che l’ucciso era suo fratello per suscitargli l’orrore del delitto commesso, ma lo scellerato rimase impassibile, e non potendo più negare il suo peccato, si disperò.
È questa la triste storia delle anime che non si umiliano dopo aver commesso un peccato, ma presumono di venire a competizione con Dio, svalutando la colpa innanzi alla propria coscienza come se fosse cosa da nulla. Il Signore le interroga con i rimorsi e con la voce dei suoi ministri, ma esse si trincerano nella scusa di una ignoranza che è menzogna: Io non lo so. Non conosco legge, non ammetto Dio, non conosco limiti alle mie passioni, non conosco riparazione!
Con il peccato, uccidiamo in noi Gesù Cristo, e Dio ci fa la stessa domanda fatta a Caino: Dov’è Colui che s’è fatto tuo fratello? È tanto penoso pensare che anche i peccatori rispondono con una negazione alla domanda di Dio e dicono di non sapere dove sia il Cristo che in loro hanno ucciso, perché lo hanno rinnegato.
Gesù Cristo si è fatto nostro fratello: Egli deve vivere nella nostra mente, nel nostro cuore, nella nostra coscienza, nella nostra vita, nelle famiglie, nella società, nelle nazioni. Dio ci domanda dov’è questo nostro divin Fratello, e noi, che dovremmo vivere con Lui e di Lui, rispondiamo: Non lo so. I filosofi moderni con le loro stupidaggini e con i loro paroloni confessano d’ignorare Gesù Cristo e la sua sapienza divina, e diventano tracotanti con il Signore, fino al punto da presumere essi, i più stolti di tutti, di creare un mondo fatto ad immagine dei loro vaneggiamenti! Così gli agnostici parlando di Dio ripetono con orgoglio: Non lo so. L’umanità peccatrice ha questo triste motto con il quale pretende scusare le sue perverse azioni: Non lo so. Ignora per disprezzo Dio, la fede, la Chiesa, la Legge, e si getta nell’abisso di ogni empietà, presumendo che la sua ignoranza la giustifichi!
Quando gli eserciti romani assediarono Gerusalemme, quando ridussero quella città un mucchio di rovine, era Dio che domandava conto agli Ebrei del Figlio suo, fatto loro fratello, e da essi rinnegato e crocifisso. Il Sangue divino sparso così ingiustamente e così crudelmente, gridava ancora dalla terra, grida tuttora e griderà finché quel popolo non lo invocherà sul suo capo come Sangue di redenzione e di salvezza. Il Sangue divino grida dalla terra continuamente, perché continuamente viene offerto sui nostri altari, e continuamente ricorda il delitto commesso dagli Ebrei.
In che senso il sangue di Abele gridava a Dio dalla terra?
Quella vita troncata violentemente, quel sangue fuso con la terra, aveva prodotto uno squilibrio nella vita del mondo, una corrente misteriosa che poteva paragonarsi ad una voce non solo morale ma anche fisica. Noi non conosciamo ancora i complicati fenomeni della radioattività, ma è certo che una vita troncata violentemente non può non produrre degli effetti anche fisici nel luogo dov’è stata troncata, dato che nell’atto dell’uccisione violenta, il corpo con tutte le sue forze si trova in una estrema tensione, in uno sforzo supremo, perché lotta contro la morte. Certo il Signore non disse a caso o per un modo di esprimersi che il sangue di Abele gridava a Lui dalla terra. Nel luogo dov’è successo un delitto di sangue, noi avvertiamo come un’atmosfera di mistero e di tristezza che ci sorprende; non è solo l’angoscia che ci dà il ricordo del delitto che ci rattrista, ma è qualche cosa che ci commuove, è per noi stessi la voce del sangue che sale dalla terra e ci parla misteriosamente.
Abele fu il primo martire, il primo testimone di Dio, ucciso per averlo onorato con fedeltà. Gridava dunque a Dio quel sangue, perché era la suprema offerta che quella creatura gli aveva fatta. Quando Caino invitò il fratello ad andare con lui, non lo invitò cortesemente, poiché aveva certamente l’aspetto truce e terribile. Ad Abele non poté sfuggire che ne avrebbe avuto un male, e ciononostante vi andò offrendosi a Dio. La grazia divina certamente lo preparava al sacrificio con una maggiore effusione. Non è questa solo una congettura, ma poiché Abele figurava Gesù Cristo, si può supporre nel tipo profetico quello che avvenne nel Redentore. Gesù Cristo fu trascinato fuori Gerusalemme e fu crocifisso; fu trascinato ma vi andò anche volontariamente, offrendosi come vittima d’amore; Abele che lo figurava nel sacrificio, lo figurò anche nell’offerta di se stesso perché era un giusto. Il sangue suo gridava a Dio dalla terra anche perché, annunciando la futura immolazione del Redentore, era come una voce profetica di quel grande evento, ed era come una supplica che affrettava quell’effusione di misericordia. La terra dava a Dio il primo fiore sanguigno, e cominciava ad invocare con la voce del sangue il fiore vermiglio della radice di Iesse, che doveva redimerla dal peccato.