Questo penultimo nucleo tematico vuole essere una breve ma convinta riflessione su quello che concerne il tema dell’inculturazione e che queste meravigliose mariofanie africane ci offrono l’occasione di toccare.
Sul tema dell’inculturazione, purtroppo, esiste una certa deriva ideologica che porta a considerare la cultura dei popoli come una sorta di principio assoluto sotto il quale dovrebbe sottostare tutto, anche Bibbia e Magistero nel senso che, nell’adattamento, il ruolo dominante lo possederebbero le culture particolari e… meglio fare sconti sulla dottrina e sulla morale piuttosto che sugli usi e i costumi delle popolazioni!
In sintesi stringata, questo è il problema, un procedere ed interpretare la pur necessaria inculturazione in modo distorto e deleterio.
La Madonna a Kibeho, invece, è di parere diverso, il che non può di certo sorprendere… Presenta, infatti, nel suo ricco messaggio, tutta la Fede e la morale cattolica nella loro luminosa bellezza e intangibile integrità, anzi non considerando per nulla inferiori i ragazzi di un paese dell’Africa nera, offre loro una grande considerazione chiedendo cose ardue e rivelando verità sublimi. Come è differente il pensare e l’agire della Vergine Immacolata dalle nostre a volte meschine e saccenti vedute, quando non sono in sintonia con il Vangelo ed il Magistero dei santi, delle loro parole ed esempi!
Poi, in secondo luogo ed in maniera subordinata, ecco intervenire – e nessuno ne nega l’importanza e la necessità – quella delicatezza e sensibilità materne manifestate in modo meravilgioso dalla Madre del Verbo – capaci di penetrare nelle abitudini del popolo e nelle peculiarità di quelle che possono essere le tradizioni, stili di vita e via dicendo degli uomini e delle donne di quel particolare luogo geografico.
Ecco in cosa consiste la vera inculturazione!
Mi ricordo, del tempo fa, di aver partecipato ad una ottima conferenza di un sacerdote beninese (un africano dunque!), padre Bienvenu Akodoh, che faceva in merito delle eccellenti considerazioni.
Il sacerdote, infatti, ricordava che « nato da Maria di Nazareth, il Figlio di Dio è giudeo ma a modo del lievito nella pasta, in modo che la cultura giudea non ha potuto aprirsi senza urti a Gesù-Messia. La cultura giudea non ha, dunque, rivendicato Gesù, tanto il mistero del Verbo incarnato è di una novità assolutamente sorprendente. A questo titolo, il mistero di Maria impegnata nel fidanzamento conservando pienamente nel suo cuore il desiderio della verginità perpetua, costituisce il segno che la fede non visita mai una cultura umana senza violentarla dall’interno a causa delle rotture necessarie per il suo compimento autentico in Dio ».
E concludeva il suo pensiero con queste opportune parole: « Di conseguenza, se avvenisse mai che il Cristianesimo in Africa, in America o altrove divenisse più africano o americano di quanto non sia stato giudeo Gesù in Giudea, questo sarebbe il più grande tradimento che l’Africa o l’America potrebbero infliggere al mistero del Verbo Incarnato ».
A queste profonde e veraci considerazioni, si affiancano quelle di un altro sacerdote africano (nigeriano), padre Vincent Michael M. Egbu che, scrivendo della situazione delle missioni nigeriane attuali, riflette come sia necessario comprendere bene il significato dell’Inculturazione per non cadere in errori grossolani e dannosi alla vita della stessa Chiesa africana:
« Sotto il velo dell’Inculturazione, i pastori africani devono badare bene di non trasformare la teologia in sociologia; la fede in ideologia razionalista; la trascendenza cristiana in immanenza teistica – imitando così l’esempio della teologia progressista europea (…). Anche se ammettiamo che l’Africa ha bisogno di qualche adattamento conforme alla situazione africana, nonostante ciò dobbiamo dire che sarebbe esagerato sganciare il contesto africano da quello dell’Europa Occidentale e delle altre nazioni più sviluppate (…). Questo adattamento non può prescindere dall’ortodossia cristiano-cattolica, altrimenti l’Africa rischierebbe di cadere negli errori degli esponenti progressisti di certe nazioni cattoliche che hanno optato per una revisione radicale di quella che è sempre stata la cultura ed il dogma cattolico » (2).
Parole chiare, queste, che fanno presente come quelle rotture e quella dinamica di rinnegamento, in un certo senso, che le varie culture del mondo devono operare perché l’accoglienza della Verità sia piena e fedele, trovano il loro paradigma nel mistero stesso del Verbo Incarnato e questo significa che, seppur dolorosa, è questa l’unica via dell’armonizzazione tra Fede e culture autoctone e che queste ultime, nella misura della loro generosità nel rinnegamento di loro stesse dove necessario (che è la stessa cosa di “conversione”), raccoglieranno con maggiore abbondanza i frutti di vita che l’Eterno Dio saprà con abbondanza elargire.
Ogni missionario, in tutte terre di missione, ha bisogno di rendersi conto che l’adattamento non può prescindere dall’ortodossia, dalla purezza della fede trasmessa che è la sola che può salvare l’uomo e donargli la pace e la gioia vere.
È questo quanto insegna in modo chiaro ed indisputabile, con la sua presenza e le sue parole, la Madre del Verbo a Kibeho.
Note:
1) Padre B. Akodoh, Assomption et Corédeption dans la géographie africaine de la foi, in Assunta al cielo perché Corredentrice sulla terra, Atti del Simposio internazionale sull’Assunzione della Beata Vergine Maria al Cielo, Casa mariana editrice, Frigento 2013, pp. 592-593 [581-596] (traduzione italiana nostra).
2) Padre V. Egbu, l’Africa, il Post-Concilio e la missione ad gentes. Il caso nigeriano tra storia e teologia, in Fides Catholica (1/2013), Casa mariana editrice, Frigento 2012, p. 251.