Una luce nelle tenebre: il “GETSEMANI MARIANO” e i figli di Maria

Premessa

Taluni potrebbero “incriminare” questo scritto per non spiegare, chiarire, esporre tematicamente punti e spunti appena accennati e solo introdotti sulla scena, come il fanciullo che lancia il sasso e nasconde la mano. Accolgo benevolmente l’obiezione. In realtà è esattamente così. Sapete, nella fede non tutto è trattazione tematica, sistematica, teologica o istruzione catechetica, benché queste cose siano necessarie e vitali. Dice Gesù: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra”. (Lc 12, 49). Il fuoco della “caritas” che brucia ma non consuma alla stregua del roveto ardente del Sinai, presenza viva di Dio Onnipotente. C’è bisogno di chi scocchi dardi arroventati. C’è bisogno di arcieri di Dio, fratelli e sorelle – o di Maria, se volete – per colpire al cuore coloro che pur essendo nel mondo non sono del mondo (cf Gv 15, 19). Questo scritto è pieno di dardi infuocati. Il dardo, se arriva, ferisce ma anche infiamma di un fuoco inestinguibile, il fuoco di quell’Amore che brucia e annienta tutti gli altri amori. Ho indossato i panni dell’arciere. Almeno per questa volta. Sapete? Gli uomini scoccano dardi, sì, ma è Dio che decide dove debbano cadere. Queste pagine raggiungeranno, per volere di Dio, chi dovranno raggiungere. “Concaluit cor meum intra me et in meditatione mea exardescit ignis” (Sal 38, 4): sarà nella meditazione intensa che queste pagine saranno capite. E vissute… Non spiegano. Non devono spiegare. Il cielo non le ha date per questo. Ma per ferire e infuocare. Se vi apprestate a leggere, raccoglietevi interiormente nella cella della vostra anima e mettetevi alla presenza della Signora del Cielo. Chiedete a Lei che vi spieghi ciò che dovete capire. Ciascuno di noi ha qualcosa da capire a partire da queste pagine e, per assistenza e illuminazione divine, capirà. Questo è l’augurio, anzi la certezza.

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IL GETSEMANI MARIANO: LUCI SUL MISTERO

«Dice Gesù (sul martirio di Maria SS. durante il Sabato Santo, ndr.): (…) E la tortura continuò con assalti periodici sino all’alba della Domenica. Io ho avuto, nella Passione, una sola tentazione. Ma la Madre, la Donna, espiò per la donna, colpevole di ogni male, più e più volte. E Satana sulla Vincitrice infierì con centuplicata ferocia. Maria l’aveva vinto. Su Maria la più atroce tentazione. Tentazione alla carne della Madre (vedere il figlio torturato, maciullato, oltraggiato, tradito, ecc. e, infine, perderlo con la morte, ndr.). Tentazione al cuore della Madre (provare, come fu per il Figlio, l’abbandono del Padre). Tentazione allo spirito della Madre (l’attacco spietato e multiforme del tentatore alla sua fede per portarla a “disperare”, ndr.). Il mondo crede che la Redenzione ebbe fine col mio ultimo anelito. No. La compì la Madre, aggiungendo la sua triplice tortura per redimere la triplice concupiscenza, lottando per tre giorni contro Satana che la voleva portare a negare la mia Parola e non credere nella mia Risurrezione. Maria fu l’unica che continuò a credere. Grande e beata è anche per questa fede. Hai conosciuto anche questo. Tormento che fa riscontro al tormento del mio Getsemani. Il mondo non capirà questa pagina. Ma “coloro che sono nel mondo senza essere del mondo” la comprenderanno e aumentato amore avranno per la Madre Dolorosa. Per questo l’ho data»[1].

Dice Maria: «Satana lavorava su queste due piaghe sovrapposte della morte della mia Creatura e dell’abbandono di Dio, creando la terza piaga del terrore della non fede (…). Io sono certa che, se io avessi accettato il dubbio, se avessi ceduto alla tentazione di Satana e avessi detto: “Non è possibile che Egli sorga” negando Dio — perché dire ciò era negare Dio con la sua Verità e Potenza — nel nulla sarebbe ricaduta tanta Redenzione. Io, nuova Eva, avrei morso da capo al pomo della superbia e del senso spirituale, e avrei disfatto l’opera del mio Redentore. Gli apostoli continuamente saranno tentati così: dal mondo, dalla carne, dal potere, da Satana. Restino fermi. Contro tutte le torture, e le corporali saranno le più lievi, per non distruggere ciò che Gesù ha fatto (…)»[2].

C’è dunque, nella compassione materna della Vergine Addolorata, un tormento che fa riscontro al tormento del (…) Getsemani” del suo Gesù. Una sorta di Getsemani di Maria… Di cosa si tratta? Non è cosa semplice scrivere o parlare di una realtà di fede dalla tale carica misterica. E per lo più sconosciuta. Ma è proprio da questa “pagina” che prendo le mosse per provare a gettare appena qualche luce sul mistero. Per velleità intellettuale o per puro gusto di disquisire? No, perché è necessario al cuore dei figli. Proprio in quest’ora, non un’altra; in questi frangenti decisivi della storia della Chiesa e del mondo.

Parlo, perciò, al cuore delle veroniche e dei cirenei di oggi (non ad altri…) e soprattutto, tra questi, a coloro che vivono sinceramente e consapevolmente la loro devozione e consacrazione mariana (CORSO COMPLETO QUI). Questo Getsemani mariano, quanto alla sua natura, si radica in quel legame mistico-reale che intercorre tra l’anima e Maria in forza del vincolo di consacrazione a Lei.  Più stretto e assolutizzante è questo legame, più questa realtà di grazia è vera e operante (per esempio un voto religioso o privato). Non basta la consacrazione però: la si potrebbe tradire ponendosi fuori dal legame che in tal caso si spezzerebbe.

Quanto alla sua modalità tale Getsemani si contraddistingue in modo significativo per quel multiforme martirio del cuore che fu immenso come il mare e fu il martirio della Madre e che, soprattutto in questi tempi che sono i suoi tempi, Ella vuole condividere con i suoi figli prescelti.

Riguardo a tale martirio del cuore, due dimensioni paiono essere salienti. Partiamo dalla prima. Una connotazione mariana di questo Getsemani sarebbe da rinvenire nell’invisibilità del dolore, nel suo “nascondimento”: si parla di sofferenze del cuore che sono, certo, un aspetto caratterizzante tanti martiri spirituali di santi e sante di Dio e, ancora prima, quello di Nostro Signore stesso. Ma questo Getsemani mariano accentuerebbe questa sfumatura portandola, come dire, all’estremo: pene nascoste, incomprensibili non solo agli altri (e soprattutto a quegli altri da cui si penserebbe e si desidererebbe essere compresi!) ma persino a sé stessi (nota che forse, tra tutte, è quella più tragica!); pene, dunque, invisibili ma reali e penetranti come spine acuminate che sprofondano nell’anima e nel cuore.

Un’altra dimensione – presumibilmente determinante – di questo Getsemani mariano sperimentato in modalità diverse dai figli di Maria è connotata da una parola drammatica ma pur vera che contraddistinse emblematicamente sia la passione di Gesù che la compassione di Maria: disperazione. È possibile? Si può giungere fino a tal punto?… ma in che senso?

«(Satana, ndr.) Mi presentò l’abbandono di Dio. Egli, il Padre, non mi amava più. Ero carico dei peccati del mondo. Gli facevo ribrezzo. Era assente, mi lasciava solo. Mi abbandonava al ludibrio di una folla feroce. E non mi concedeva neppure il suo divino conforto. Solo, solo, solo. In quell’ora non c’era che Satana presso il Cristo. Dio e gli uomini erano assenti, perché non mi amavano. Mi odiavano o erano indifferenti. Io pregavo per coprire col mio orare le parole sataniche. Ma la preghiera non saliva più a Dio. Ricadeva su Me come le pietre della lapidazione e mi schiacciava sotto la sua macia.

(…). Allora sentii l’amaro del fondo del calice. Il sapore della disperazione. Era questo che voleva Satana. Portarmi a disperare per fare di Me un suo schiavo. Ho vinto la disperazione e l’ho vinta con le sole mie forze, perché ho voluto vincerla. Con le sole mie forze di Uomo. Non ero più che l’Uomo. E non ero più che un uomo non più aiutato da Dio. Quando Dio aiuta è facile sollevare anche il mondo e sostenerlo come giocattolo di bimbo. Ma quando Dio non aiuta più, anche il peso di un fiore ci è faticoso. Ho vinto la disperazione, e Satana suo creatore, per servire Dio e voi dandovi la Vita. Ma ho conosciuto la Morte. Non la morte fisica del crocifisso – quella fu meno atroce – ma la Morte totale, cosciente, del lottatore che cade, dopo aver trionfato, col cuore spezzato e il sangue che si stravasa nel trauma di uno sforzo superiore al possibile. Ed ho sudato sangue. Ho sudato sangue per essere fedele alla volontà di Dio»[3].

Questo è quanto Nostro Signore confida alla mistica Valtorta riguardo alla tentazione dello spirito, la più terribile, subita nell’Orto il giovedì notte e condotta da Satana in persona. La tentazione allo spirito fu quella di disperazione. E allora fu sperimentato l’amaro del calice, la feccia, secondo la parola ispirata: «Poiché nella mano del Signore è un calice ricolmo di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia ne dovranno sorbire, ne berranno tutti gli empi della terra» (Sal 74, 9). Ma Cristo, il Riparatore universale, ha preso su di Sé il castigo che spettava a tutti gli empi della terra e ha sorbito il calice del dolore fino alla feccia… nulla di più terribile di questa feccia… Eppure, si potrebbe obiettare, si tratta pur sempre dell’agonia – o meglio – di un aspetto dell’agonia di Gesù. In che relazione sta con l’Addolorata?

È lo stesso Cristo a rivelare che il Sabato Santo la prova e la sofferenza atroci della Madonna non sono conosciute ancora nella loro pienezza. L’abbiamo letto, tra le righe, all’inizio di questa riflessione. Si tratta proprio di quel tormento che fa riscontro al tormento del (…) Getsemani” del Figlio. È quella “pagina”, per l’appunto, ancora sconosciuta e che “il mondo non capirà”. Gesù ha avuto il suo Getsemani; sua e nostra Madre il suo e questo Getsemani completa quello dell’Uomo dei dolori. È l’agonia atroce della Donna dei dolori, dell’Addolorata, della Corredentrice, per noi…

Per capire il Getsemani di Maria bisogna capire il Sabato Santo. Di quel Sabato Santo i figli di Maria vivono un frammento che è appunto il Getsemani mariano. Ebbene, se Ella fu in tutto e per tutto simile al suo Gesù e la sua sofferenza fu perfetta non poteva non toccare anche a Lei assaporare quella feccia del calice, quel fondo amarissimo che porta il nome disperazione. Ma la disperazione non la vinse: fu Lei a vincerla. Si, Maria ha vinto, perfetta imitatrice del Figlio, anche quell’ultima e più orribile tentazione!

Ora, riflettendo ancora, sembra esserci una sfumatura che contraddistingue la sua agonia, una sorta di elemento nuovo o peculiare di questo suo Getsemani e sta in questa annotazione: “Satana sulla Vincitrice infierì con centuplicata ferocia” perché “Maria l’aveva vinto” e, di conseguenza, “su Maria la più atroce tentazione”. E lo aveva vinto non come Dio ma come pura creatura Immacolata. Per questo è soprattutto contro di Lei che digrigna i denti perché la sua sconfitta contro di Lei gli è ancora più penosa: Ella è pura creatura ed egli odia l’uomo in modo viscerale per la sua inferiorità rispetto alla natura angelica; e così Satana non può sopportare che una pura creatura umana lo abbia così umiliato, lui pura creatura angelica (pura nel senso di “unicamente tale”). Probabilmente, allora, quella centuplicata ferocia con cui si scaraventò contro Maria comportò non una, bensì una raffica di tentazioni di disperazione per piegarla e distruggerla e, con Lei, anche la nostra redenzione. Ma tutti i tentativi fallirono. Ed ella divenne la Riparatrice universale. Ce la fece. La sospinse l’amore, l’amore più grande di cui, dopo quello dell’Uomo-Dio, non esiste l’eguale. Certo, ci rendiamo conto di navigare pienamente nel mistero. Eppure di tutto ciò bisogna prendere coscienza per illuminare anche il senso della vita, delle sofferenze e della missione dei figli di Maria oggi, per darne una regola soprannaturale e per trovare, con la luce di questa verità, anche la forza per uscire dalle sabbie mobili di questa misteriosa, amara, orribile tentazione di disperazione che avvolge le loro esistenze tartassate, vessate, colpite in tutti i modi con sofferenze e prove di ogni specie.

Chi può capire il Getsemani di Maria nascosto nei secoli? Frammenti di questa realtà sono oggi compresi perché vissuti dai figli di Maria ed è da questa esperienza che comincia ad emergere, gradualmente, una sorta di “dottrina mistica” che dovrà sempre più essere al centro dell’attenzione della vita spirituale di chi, oggigiorno, avanza verso la santità e ha ben compreso il valore della Vergine Immacolata nella propria vita e nella vita della Chiesa.

Riflettendo ancora su questo Getsemani mariano si capisce un ulteriore motivo per cui la consacrazione al Cuore Immacolato vada sganciata dalla pura logica della santificazione personale ma vada piuttosto inserita, contestualizzandola, nella missione che l’Immacolata Corredentrice ha ricevuto “ab origine”: «Ella ti schiaccerà il capo e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3, 15). Come hanno intuito grandi anime mistiche mariane del passato – una su tutte il grande San Massimiliano Kolbe – in questo versetto ispirato è presente, in nuce, tutto lo sviluppo della verità della corredenzione di Maria e di tutte le dinamiche naturali e soprannaturali della Chiesa che si dipanano lungo i secoli.

Il nostro è uno snodo storico di rilevanza particolare e ancora non del tutto compreso. Secondo la parola illuminata di suor Lucia di Fatima questi sono gli anni dello “scontro finale”, della “battaglia decisiva” tra Maria e Satana. I testi biblici e le intuizioni e rivelazioni dei grandi santi e profeti mariani – soprattutto quelli della nostra epoca – ci rendono edotti circa una verità dalla grande carica teologica, spirituale e profetica: in questo scontro decisivo i figli di Maria sono coinvolti secondo gradazioni e forme diverse ma sempre misteriosamente collegati tra loro nello spazio e nel tempo da un’unione-comunione ineliminabile e inscalfibile perché prodotta dalla potenza di Dio per la mediazione materna di Maria. Per capire questo coinvolgimento bisogna addentrarsi con lo studio, la riflessione e soprattutto l’esistenza nella stanza spirituale del Getsemani mariano e del Calcagno di Maria. Si tratta di due realtà soprannaturali congiunte o, probabilmente, di due modi differenti di enunciare la stessa realtà che si distingue solo a seconda della prospettiva da cui viene considerata. A me è stato dato, per ora, di capire qualcosa in più sul Calcagno di Maria e questo, dopo le fugaci ma spero luminose considerazioni relative al Getsemani mariano, è ciò di cui mi occuperò nel prosieguo di questa riflessione.

Aggiungo un ultimo rilievo. Il Getsemani mariano e il Calcagno di Maria sono vissuti nel loro sviluppo, in qualche modo, nella logica delle “tre tappe” di cui parla San Massimiliano Kolbe[4] che sono trasversali e non temporalmente separate, nel senso che una può coesistere con l’altra. Eppure ci saranno sempre nell’arco della vita momenti di prevalenza dell’una sull’altra. Ebbene: è soprattutto nella prevalenza della terza tappa, quella della sofferenza, che i figli di Maria vivono e sperimentano maggiormente l’inserimento, il coinvolgimento mistico nella realtà del suo Getsemani e del suo Calcagno.

CONTINUA…


[1] Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato (sigla EV), volume X, capitolo 610, n. 16 (19 febbraio 1944). In un’altra pagina significativa, sempre sul mistero del “Getsemani di Maria”, Nostro Signore rivela: «La Madre non è diversa dal Figlio. Non nella natura umana, non nella missione sopraumana di Redenzione. Il Figlio, per toccare l’apice del dolore, dovette provare la separazione dal Padre: nel Getsemani, sulla Croce. Fu il dolore portato ad altezze e asprezze infinite. La Madre, per toccare l’apice del dolore, dovette provare la separazione dal Figlio: nei tre giorni della mia sepoltura. Allora Maria fu sola. Le rimase solo la Fede, la Speranza, la Carità. Ma Io ero assente. Fu la spada non confitta, ma trapassante, ma frugante nel suo Cuore. Non ne morì per unico volere dell’Eterno. Perché per la Piena di Grazia restare priva dell’unione col suo Figlio e Dio era tale spasimo, che senza una speciale grazia ne sarebbe morta. Molte sono le pagine segrete che non conoscete circa la vita della Purissima Corredentrice. Ve l’ho già detto: “I segreti di Maria sono troppo puri e divini perché mente d’uomo li possa conoscere”. Ve ne accenno solo, quel tanto da aumentare in voi la venerazione alla più Santa del Cielo, dopo Dio. Quella ora dolorosissima, nel mare di dolori che fu la vita di mia Madre, consacrata al supremo dolore e alla suprema gioia dal suo concepimento, ci voleva per completare quanto mancava alla mia Passione. Maria è Corredentrice. Dunque, tutto essendo in Lei inferiore solamente a Dio, anche il suo dolore dovette essere quale nessun dolore di creatura umana giungerà mai ad essere»: Idem, Quaderni, manoscritto III, capitolo 45 (2 luglio 1943).

[2] EV, volume X, capitolo 615, n. 3 (31 marzo 1945). Dice, ancora, Maria: «Inutilmente tenta Satana di insidiare la mia fede. A redimere il mondo manca anche la tortura data al mio cuore da Satana vinto. La subisco e la offro per i futuri»: EV, volume X, capitolo 610, n. 14 (19 febbraio 1944).

[3] EV, volume X, capitolo 603, n. 7 (15 febbraio 1944).

[4] «Sapete, cari figli? La vita dell’uomo si divide in tre tappe: la preparazione al lavoro, il lavoro, e la sofferenza (…). Attraverso queste tre tappe Dio ci avvicina a Sé. Quanto più un’anima sarà dedita a Dio, tanto prima si preparerà alla terza tappa della vita per consolidare il proprio amore all’Immacolata con la sofferenza amorosa. Niente ci avvicina tanto all’Immacolata e niente ci consolida tanto nell’amore, quanto appunto l’amore unito alla sofferenza [offerta] per amore. Proprio su questa via della sofferenza possiamo convincerci che davvero siamo totalmente consacrati a Lei senza alcuna riserva. In questa terza tappa dobbiamo dimostrare a Lei l’amore più grande… un amore da cavalieri!»: San Massimiliano Kolbe, Conferenze, Casa Mariana Editrice (sigla CK), Frigento 2014, n. 236.

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