I tre pellegrinaggi di Giovanni Paolo II a Fatima. Il messaggio nella sua urgenza

Tra i discorsi tenuti a Fatima dal Papa san Giovanni Paolo II in occasione dei suoi tre pellegrinaggi, due meritano maggiore attenzione: l’Omelia del 13 maggio 1982 e quella del 13 maggio 2000. Entrambe pronunciate in due momenti di grandissima importanza per la vita del Pontefice e della Chiesa: la prima a ridosso di quell’attentato che gli avrebbe tolto prematuramente la vita se una “mano” misteriosa non avesse deviato la pallottola che lo ferì (il Papa diceva a proposito: “una mano ha sparato e un’altra ha guidato la pallottola”); la seconda a qualche mese di distanza da un avvenimento di interesse mondiale: l’inizio del Terzo Millennio, che vedeva il Papa Giovanni Paolo II alla guida della Barca di Pietro e che non iniziava certo sotto i “migliori auspici” (solo un anno dopo ci fu il tragico attentato alle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001).

Nell’omelia del 13 maggio 2000 il Papa, insieme ad una rapida biografia dei due fratellini Marto da lui beatificati di cui metteva in luce alcuni trai più bei “fioretti” germinati nel loro santo candore, faceva essenzialmente una “riflessione panoramicasull’evento-messaggio di Fatima inquadrandolo nel piano rivelato che la “Donna” è autorizzata ed incaricata di portare a compimento nella storia umana, cogliendo il fatto più che il messaggio, ovvero la discesa di Maria a Fatima come Colei che deve combattere contro il dragone infernale” compiendo le profezie a salvezza del genere umano:

« Dio vuole che nessuno si perda; per questo, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a “cercare e salvare quel che era perduto” (Lc 19, 10). Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce. Nessuno renda vana quella Croce! (…). Nella sua sollecitudine materna, la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, per chiedere agli uomini di “non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso”. È il dolore di Mamma che l’obbliga a parlare; è in palio la sorte dei suoi figli. Per questo Ella chiede ai pastorelli: “Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell’inferno perché non c’è chi preghi e si sacrifichi per loro” ».

Nell’Omelia tenuta il 13 maggio 1982, invece, la sua attenzione andò soprattutto al contenuto del messaggio di Fatima, in cui trovava grandissima attualità e di cui sottolineava l’urgenza e la necessità di non accantonarlo come qualcosa che non riguardasse più la Chiesa e l’umanità. Per papa Giovanni Paolo II, il messaggio di Fatima è senza dubbio un forte appello alla conversione e alla penitenza:

« Il messaggio di Fatima è nel suo nucleo fondamentale la chiamata alla conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata pronunciata all’inizio del XX secolo, e, pertanto, a questo secolo è stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con una speciale perspicacia i “segni dei tempi”, i segni del nostro tempo. L’appello alla penitenza è materno e, al tempo stesso, forte e deciso (…) » (1), diciamo pure perentorio.

Ma, ricorda il Papa, « la chiamata alla penitenza si unisce, come sempre, con la chiamata alla preghiera. Conformemente alla tradizione di molti secoli, la Signora del messaggio di Fatima indica il “Rosario”, che giustamente si può definire “la preghiera di Maria”: la preghiera nella quale Ella si sente particolarmente unita con noi. Lei stessa prega con noi. Con questa preghiera si abbracciano i problemi della Chiesa, della Sede di san Pietro, i problemi di tutto il mondo. Inoltre, si ricordano i peccatori, perché si convertano e si salvino e le anime del Purgatorio ».

Il Pontefice ricordava pure quanto importate fosse stato a Fatima l’appello alla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria e, mentre invitava ciascuno a compiere da parte sua questo “nobilissimo atto di culto” (Paolo VI, Signum Magnum), ne spiegava sommariamente il senso e il perenne valore:

« Con la potenza della Redenzione il mondo e l’uomo sono stati consacrati. Sono stati consacrati a Colui che è infinitamente Santo. Sono stati offerti ed affidati all’Amore stesso, all’Amore misericordioso. La Madre di Cristo ci chiama e ci invita ad unirci alla Chiesa del Dio vivo in questa Consacrazione del mondo, in questo affidamento mediante il quale il mondo, l’umanità, le nazioni, tutti i singoli uomini sono offerti all’Eterno Padre con la potenza della Redenzione di Cristo. Sono offerti nel Cuore del Redentore trafitto sulla Croce ».

Per cui « consacrarsi a Maria significa farsi aiutare da Lei ad offrire noi stessi e l’umanità a “Colui che è Santo”, infinitamente Santo; farsi aiutare da Lei – ricorrendo al suo Cuore di Madre, aperto sotto la Croce all’amore verso ogni uomo, verso il mondo intero – per offrire il mondo, e l’uomo, e l’umanità, e tutte le nazioni, a Colui che è infinitamente Santo ».

E, senza remore, ricordava come lo scomodo messaggio di Fatima fosse stato, dai più, ignorato o, addirittura, canzonato, la qual cosa non è stata e non è tutt’ora senza tragiche conseguenze. Ricordava quindi che lui, il Papa, nel santuario di Fatima era venuto « rileggendo con trepidazione quella chiamata materna alla penitenza, alla conversione: quell’appello ardente del Cuore di Maria risuonato a Fatima 65 anni fa ».

Quell’appello il Papa lo rileggeva « con la trepidazione nel cuore, perché vede quanti uomini e quante società, quanti cristiani, siano andati nella direzione opposta a quella indicata dal messaggio di Fatima. Il peccato ha guadagnato un così forte diritto di cittadinanza nel mondo e la negazione di Dio si è così ampiamente diffusa nelle ideologie, nelle concezioni e nei programmi umani! Ma proprio per questo, l’invito evangelico alla penitenza e alla conversione, pronunciato con le parole della Madre, è sempre attuale. Ancora più attuale di 65 anni fa. E ancor più urgente ».

Il dramma di quella “via contraria al messaggio” intrapresa dall’umanità e, in buona parte, anche dalla Chiesa porta fino al baratro della perdizione eterna, come la Madonna tenne a ricordare facendo vedere l’Inferno ai tre pastorelli. Questa è conseguenza di un rifiuto di Dio da parte di un mondo che non vuole tornare indietro, che non vuole accogliere la misericordia di Dio. Una situazione che merita la denuncia del Pontefice:

« Ciò che più direttamente si oppone al cammino dell’uomo verso Dio è il peccato, il perseverare nel peccato e, infine, la negazione di Dio. La programmata cancellazione di Dio dal mondo dell’umano pensiero. Il distacco da Lui di tutta la terrena attività dell’uomo. Il rifiuto di Dio da parte dell’uomo. In realtà l’eterna salvezza dell’uomo è solo in Dio. Il rifiuto di Dio da parte dell’uomo, se diventa definitivo, guida logicamente al rifiuto dell’uomo da parte di Dio (cf. Mt 7,23; 10,33), la dannazione ».

Papa Giovanni Paolo II concludeva quella programmatica Omelia sintetizzando il tutto così:

« Può la Madre, la quale con tutta la potenza del suo amore, che nutre nello Spirito Santo, desidera la salvezza di ogni uomo, tacere su ciò che mina le basi stesse di questa salvezza? No, non lo può! Per questo, il messaggio della Signora di Fatima, così materno, è al tempo stesso così forte e deciso. Sembra severo. È come se parlasse Giovanni Battista sulle sponde del Giordano. Invita alla penitenza. Avverte. Chiama alla preghiera. Raccomanda il Rosario. Questo messaggio è rivolto ad ogni uomo. L’amore della Madre del Salvatore arriva dovunque giunge l’opera della salvezza. Oggetto della sua premura sono tutti gli uomini della nostra epoca, ed insieme le società, le nazioni e i popoli. Le società minacciate dalla apostasia, minacciate dalla degradazione morale. Il crollo della moralità porta con sé il crollo delle società ».

Note:

1) Papa Giovanni Paolo II, Omelia per la santa Messa al Santuario della Vergine di Fatima, 13 maggio 1982: https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1982/documents/hf_jp-ii_hom_19820513_fatima.html

 

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